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RAFAEL KOUTO, FASHION DESIGNER

April 21st 2020

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Rafael Kouto is a swiss fashion designer and founder of the homonymous brand Rafael Kouto. The brand is characterised by a unique sustainable approach to fashion design and products, focused on the customisation and up--cycling of mass-produced discarded garments.


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Rafael Kouto è un fashion designer svizzero, fondatore dell'omonimo marchio Rafael Kouto. Il brand è caratterizzato da un originale approccio sostenibile al design e al prodotto moda, focalizzato sulla personalizzazione e l'up-cycling di capi usati.

www.rafaelkouto.com

 

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LZ: Your brand is focused on the up-cycling of used garments, what give rise to this choice?

RK: During my professional experiences for several fashion brands, such as Alexander McQueen and Maison Martin Margiela, I had the opportunity to observe the creative process of designers who use vintage clothing as a source of inspiration for the creation of new collections and as a reference for the creation of almost identical models, revisited and updated through new fabrics.
During the Master in Fashion Matters at the Sandberg Institute in Amsterdam, I had the opportunity to do research on fashion production processes and I was impressed by the tons of textile waste that is collected and burned every day. Seeing a potential in this waste, I started collaborating with some second hand clothing collection centers, in order to source used garments to be used as raw material for the creation of new garments.
Another inspiration were contemporary african artists, such as Romuald Hazoume, El Anatsui and Ibrahim Mahama, who use the up-cycling technique that is widespread in african culture.
This is how my brand was born and its founding values were outlined: up-cycling, sustainability, local production with hybrid aesthetics between Africa and the West.


IT

LZ: Il tuo brand è incentrato sulla tecnica dell’upcycling di capi usati, da cosa nasce questa scelta?

RK: Durante esperienze professionali per diverse marchi di moda, come Alexander McQueen e Maison Martin Margiela, ho avuto modo di osservare il processo creativo di designer che utilizzano capi d’abbigliamento vintage come fonte di ispirazione per la creazione di nuove collezioni e come referenza per la realizzazione di modelli pressoché uguali, rivisitati e attualizzati attraverso nuovi tessuti.
Durante il Master in Fashion Matters al Sandberg Institute ad Amsterdam, ho avuto modo di fare ricerca relativamente ai processi produttivi della moda e sono rimasto colpito dalle tonnellate di rifiuti tessili che vengono raccolti e bruciati ogni giorno. Vedendo un potenziale in questi rifiuti, ho iniziato a collaborare con alcuni centri di raccolta per rifornirmi di capi usati, da utilizzare come materia prima per la creazione di nuovi capi d’abbigliamento.
Un’altra ispirazione sono stati artisti contemporanei africani, come Romuald Hazoume, El Anatsui e Ibrahim Mahama, che utilizzano la tecnica dell’upcycling che é molto diffusa nella cultura africana.
In questo modo è nato il mio brand e si sono delineati i suoi valori costitutivi: upcycling, sostenibilità, produzione locale con un’estetica ibrida tra Africa ed occidente.

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ENG

LZ: For a designer, what does it mean to design from something already existing?

RK: It is surely a challenge, since the creative and productive process needs to be reinvented. It’s a limitation and an enrichment at the same time: you get to really appreciate every single garment, realizing that the resources we have are not infinite. Clearly, since there is a substantial change in the process -from mass-produced garments to unique pieces, from global to local production- production costs are also rising, thus creating a new concept of luxury and fashion consumption.
I am lucky enough to collaborate with artisans and creative people, such as silk screen printers, tailors, embroiderers, knitwear designers, weavers, who strongly believe in the brand and are willing to experiment and design following this new method.


IT

LZ: Per un designer, cosa implica progettare a partire da qualcosa di già esistente?

RK: Rappresenta senza dubbio una sfida, dal momento che bisogna reinventare il processo creativo e produttivo. Una limitazione e un arricchimento allo stesso tempo: si arriva ad apprezzare veramente ogni singolo capo rendendosi conto che le risorse di cui disponiamo non sono infinite. Chiaramente essendoci un cambiamento sostanziale di processo -da capi prodotti in massa a pezzi unici, da una produzione globale ad una produzione locale- anche i costi di produzione aumentano, andando a delineare una nuova concezione del lusso e del consumo della moda.
Ho la fortuna di collaborare con artigiani e creativi, come stamperie di serigrafia, sarte, ricamatori, knitwear designer, tessitori, che credono fortemente nel brand e sono disposti a sperimentare e progettare seguendo questo nuovo metodo.

 

ENG

LZ: This year you have done three creative residencies at important fashion companies, bringing your vision and applying your working methodology to give new life to their textile waste. Is the role of the fashion designer changing, adapting to the problems of the industry? Do you think the industry is ready to accept such a change of process?

RK: I think that if before it was a marketing choice for several brands to focus on sustainable fashion, it will now be an indispensable obligation. Both in terms of natural and human resources management, it is unimaginable to go back to the same rhythms and quantity produced until now. I don't think it will be a problem for craftsmen and suppliers, but the real question is whether there are trained designers who can adapt to these process changes.


IT

LZ: Quest’anno hai svolto tre residenze creative presso importanti aziende di moda, portandovi la tua visione e applicando la tua metodologia di lavoro per dare nuova vita ai loro scarti tessili. Il ruolo del designer di moda sta cambiando, adattandosi alle problematiche dell’industria? Pensi che l’industria sia pronta ad accogliere un simile cambiamento di processo?

RK: Credo che se fino a qualche tempo fa puntare sulla moda sostenibile costituisse soprattutto una scelta di marketing, da ora sarà un obbligo indispensabile. Sia per quanto riguarda la gestione delle risorse naturali che di quelle umane, è inimmaginabile ritornare agli stessi ritmi e quantità prodotti finora. Non penso che per artigiani e fornitori questo sarà un problema, ma la vera domanda é se ci sono designer formati in grado di adattarsi a questi cambiamenti di processo.

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