julia frank,
artist

February, 25th 2022

ENG

Julia Frank was born in Silandro, in South Tyrol, in 1988. She graduated in sculpture from the Academy of Fine Arts in Carrara in 2012. From 2013 to 2015 she attended an MA at the Royal College of Art in London. She is actually based in Vienna.
In her work she observes and investigates social norms in the public and the private. She often translates this "coming-to-terms with her environment" through an evaluation of cultural, ecological and urban meaning into works that are specific to a given time and place. The artist questions the mechanisms that drive social systems and our awareness of them. Experimenting with various media, her work focuses on questions of development and change. In a renewed and radical guise, she reinterprets and re-proposes objects that are part of the common imaginary.
Julia Frank was the co-founder of the first atelier house GAP Glurns Art Point in South Tyrol, hosting international artists and supporting curatorial projects from 2011until 2018.
In 2017 she was selected as one of the finalists for the Museion Prize. Her work has been presented in numerous solo and group exhibitions in museums and galleries, including: Kunstverein Schattendorf (2021); Esslinger Kunstverein (2021); Kunsthaus Merano Arte (2020); Gallery Doris Ghetta, Bolzano (solo - 2020); Nida Art Colony, Lithuania (2020); Museion, Bolzano (2017).


ITA

Julia Frank si è diplomata in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara nel 2012. Dal 2013 al 2015 ha frequentato un master presso il Royal College of Art di Londra. Attualmente vive e lavora a Vienna.
Nel suo lavoro osserva e indaga le norme e gli accadimenti sociali, nella dimensione del pubblico e del privato. Il confronto con l'ambiente avviene nella valutazione della sua accezione culturale, ecologica e urbana, traducendosi in opere “time e site specific”. L’artista mette in discussione i meccanismi che muovono i sistemi sociali e s’interroga sulla consapevolezza che abbiamo degli ­stessi. Sperimentando con vari media, il suo lavoro pone al centro le questioni dello sviluppo e del cambiamento. In veste rinnovata e radicale, reinterpreta e ripropone oggetti ascrivibili all’immaginario comune.
Julia Frank è stata co-fondatrice della prima casa atelier GAP Glurns Art Point in Alto Adige, ospitando artisti internazionali e sostenendo progetti curatoriali dal 2011 al 2018.
Nel 2017 è stata selezionata tra I finalisti del Museion Prize. Il suo lavoro è stato presentato in numerose personali e collettive in musei e gallerie, tra cui: Kunstverein Schattendorf (2021); Esslinger Kunstverein (2021); Kunsthaus Merano Arte (2020); Galleria Doris Ghetta, Bolzano (solo – 2020); Nida Art Colony, Lithuania (2020); Museion, Bolzano (2017).

www.juliafrank.art

 

ENG

LZ: In your artistic practice, you often bring out critical issues, conflicts and a certain complexity inherent in the situations and socio-political contexts you choose to investigate, through different languages. What are the main themes on which you have focused your research in recent years?

JF: In recent years, the focus has been on the environment and the body as a portrait of conditioning and the nature of the conflict. The latter with a strong reference to current and relevant crises that have manifested themselves globally.


IT

LZ: Nella tua pratica artistica fai spesso emergere criticità, frizioni e una certa complessità inerente alle situazioni e ai contesti socio-politici che scegli di indagare, attraverso diversi linguaggi espressivi.
Quali sono le principali tematiche su cui hai incentrato la tua ricerca in questi anni?

JF: Negli ultimi anni, i temi centrali sono stati l'ambiente e il corpo come ritratto del condizionamento e la natura dei conflitti. Quest'ultimo con un forte riferimento alle crisi attuali e rilevanti che si sono manifestate a livello globale.

Fine Corsa / Eye, color print on semitransparent textile 4000 x 3500 x 1 mm, Gallery Doris Ghetta, Bolzano, 2020.

 

Fine Corsa, exhibition view, mixed media installation, Gallery Doris Ghetta, Bolzano, 2020.

 

Playstadium, bitumen corrugated sheet, lacquer, spray, metal, wood, 760 x 470 x 300 mm, 2021.
Photo by Michael Strasser.

 

Directions / Turnaround, processed PVC foils, acrylic glass, white string, rubber bands, 80 x 140 x 1 cm, 2021.

ENG

LZ: You studied sculpture first at the Carrara Academy and then in London at the Royal College of Art. How would you define your concept of sculpture and how does it relate to your interest in the body?

JF: Sculpture can sometimes give the impression of being a battle of materials, yet it is the summary of an extended sensibility that gives the impression of defying its own temporality.
(Being) Sculpture, is the application of a methodology to record and evaluate the biometry of all kinds of living beings. It is combined with architecture, with (re)construction. Which also closes the circle, because a body needs substantial resonance.


IT

LZ: Hai studiato scultura prima all’Accademia di Carrara e in seguito a Londra, presso il Royal College of Art. Come definiresti il tuo concetto di scultura e come questo si relaziona al tuo interesse per la corporeità?

JF: A volte la scultura può dare l'impressione di essere una battaglia di materiali, è invece il sunto di una sensibilità allargata che dà l'impressione di sfidare la sua stessa temporalità.
(Essere) Scultura, è l'applicazione di una metodologia per registrare e valutare le biometrie di tutti gli esseri e le entità viventi. Si abbina all'architettura, alla (ri)costruzione. Il che chiude anche il cerchio, perché un corpo ha bisogno di una risonanza sostanziale.

 

ENG

LZ: In your work you combine materials of different natures, often using synthetic elements and components, which speak to us of approaches and behaviours that are highly polluting to the environment. How do you perceive the versatility of textile materials and how has this become part of your vocabulary in some of your works?

JF: I would like to tell you a paradoxical event. One day about two years ago, shortly after moving from London to Vienna, I had to go into a shopping centre to buy a hat, as the local wind was lashing the streets of the city centre. After 10 minutes spent in the shop checking labels for their material composition, a member of staff approached me and asked if he could help me. I replied: yes, do you have hats that are at least 80% made by natural fibres? He looked at me and said he didn't know. After half an hour, working in pairs, we both looked at the result: 1 cap. This really shocked me at the time.

Last year (2021) the opportunity arose to produce a piece for the Artivism project, a collaboration between the Pistoletto Foundation and Fashion Revolution Italia. For this event, I was lucky enough to work with the young designer Timna Weber. One question kept coming up in our conversations: what would have to change for greater sustainability to take hold in the textile and fashion industry? The answer was: several things, from A to Z, and first and foremost consumer behaviour. This dialogue resulted in an audiovisual work (the ECO) that makes clear the interaction that the contact between textiles and their wearers creates.


IT

LZ: Nel tuo lavoro combini materiali di natura diversa, utilizzando spesso elementi e componenti sintetici, che ci parlano di approcci e comportamenti altamente inquinanti per l’ambiente. Come percepisci la versatilità della materia tessile e come questa è entrata a far parte del tuo vocabolario materico, in alcune tue opere?

JF: Vorrei raccontarvi un evento paradossale. Un giorno di circa due anni fa, poco dopo essermi trasferita da Londra a Vienna, sono dovuta entrare in un centro commerciale per comprare un copricapo, dato che il vento locale sferzava le strade del centro della città. Dopo 10 minuti passati nel negozio a controllare le etichette di composizione, un membro del personale si è avvicinato e mi ha chiesto se poteva aiutarmi. Gli ho risposto: - sì, avete cappelli che sono siano almeno per l'80% in fibra naturale? - Mi ha guardato e ha detto che non lo sapeva. Dopo mezz’ora di lavoro in coppia, il risultato che abbiamo ottenuto è stato solo un cappello. All’epoca questo mi ha davvero sconvolto.

L'anno scorso (2021) si è presentata l'opportunità di produrre un’opera per il progetto Artivism, una collaborazione tra la Fondazione Pistoletto e Fashion Revolution Italia. Per questo evento ho avuto la fortuna di lavorare con la giovane stilista Timna Weber. Nelle nostre conversazioni continuava a sorgere una domanda: cosa dovrebbe cambiare perché una maggiore sostenibilità prenda piede nell'industria tessile e della moda? La risposta è stata: diverse cose, dalla A alla Z, e prima di tutto il comportamento dei consumatori. Questo dialogo è sfociato in un'opera audiovisiva (l'ECO) che rende chiara l'interazione che si crea nel contatto tra i tessuti e chi li indossa.

True Lie (Günther Messner), installation view, climbing ropes (red, green, blue, black and white), RAW DNA reference, 3000 x 4000 x 20 mm, San Servolo, Venice, 2019. Photo by Simon Perathoner.

 

True Lie (Günther Messner), detail, climbing ropes (red, green, blue, black and white), RAW DNA reference, 3000 x 4000 x 20 mm, San Servolo, Venice, 2019. Photo by Simon Perathoner.