FARKHONDEH SHAHROUDI,
ARTIST
JUNE, 25th 2021
ENG
Farkhondeh Shahroudi was born in 1962 in Tehran. In 1990 she left her country and found political asylum in Germany; she currently lives and works in Berlin.
After studying painting at the University Al-Zahra in Tehran and art and design at the University of Dortmund, she addressed her artistic research to the use of textile materials and sewing became predominant, in a constant dialog with her poetic writing, which she has always practiced and considered the primary font of her artistic expression.
From 2000, she held her first installations and performances focused on the symbolism of oriental carpets, transformed in her diverse works into "mobile gardens", emblem of a utopian (or heterotope) space. Her sculptures of the human body made from hand-sewn fabric and covered in Farsi writing are housed at several museums, including the British Museum collection in London and the Vehbi Koç Foundation in Istanbul.
ITA
Farkhondeh Shahroudi nasce nel 1962 a Teheran. Nel 1990 lascia il suo paese e trova asilo politico in Germania; attualmente vive e lavora a Berlino. Dopo aver studiato pittura all’Università Al-Zahra di Teheran e in seguito arte e design all’Università di Dortmund, si indirizza verso una ricerca in cui l'utilizzo della materia tessile e del cucito diventano preponderanti, in un dialogo costante con la sua scrittura poetica, da sempre praticata e considerata fonte primaria della propria espressione artistica.
Agli anni 2000 risalgono le prime installazioni e performance incentrate sulla simbologia del tappeto orientale tramutato in diversi suoi lavori in “giardino mobile”, emblema di uno spazio utopico (o eterotopo).
Le sue sculture di corpi umani fatte di tessuti cuciti a mano e ricamati con scritte in caratteri persiani sono entrate a far parte di alcuni musei, tra cui le collezioni del British Museum di Londra e la Fondazione Vehbi Koç a Istanbul.
ENG
LZ: Your work opens up spaces of imagination, inhabited by semi-anthropomorphic creatures, suspended or lying on the ground, sometimes brutally pierced on the floor. Who are these presences, and how would you describe the space they inhabit?
What is your relationship with space? Both the space of the studio where you work and that of the city where you live (Berlin) and the mental space of the memory of your Iranian homeland.
FS: At the beginning, I don't know who these morphs/beings are, little by little when they enter the room I get to know them. Everything is in relation with the life that happens around me or that is stamped in my mind as a memory. In the beginning, I don't know why I create them like that, but after these beings are there I think about them, it's like a string for me, I follow this string that frees itself from me.
My work is a performative narration that tries to make contact with its environment, sometimes I just stutter. I don't know if this contact fails or not.
Stories from the street come into my studio as well, when I see people with flashlights on the street looking for empty bottles in garbage containers, maybe it shows up in my narrations, or as written on my drawings, sometimes it is like a hidden comment in my work.
IT
LZ: Il tuo lavoro apre spazi di immaginazione, abitati da creature semi-antropomorfe, sospese o distese a terra, a volte brutalmente trafitte sul pavimento. Chi sono queste presenze e come descriveresti lo spazio che abitano?
Qual è il tuo rapporto con lo spazio? Sia lo spazio dello studio dove lavori che quello della città dove vivi (Berlino), ma anche lo spazio mentale della memoria, della tua patria iraniana.
FS: All'inizio non so chi siano questi esseri, a poco a poco imparo a conoscerli quando entrano nella stanza. Tutto è in relazione con la vita intorno a me o con la vita impressa nella mia mente come un ricordo. All'inizio non so perché li creo in questo modo, ma dopo che questi esseri sono lì comincio a pensarli; è come un filo, seguo questo filo che si sprigiona da me.
Il mio lavoro è una narrazione performativa che cerca di prendere contatto con l’ambiente, a volte balbetto e basta. Non so se questo contatto fallisca o meno.
Anche le storie dalla strada entrano nel mio studio, come per esempio quando vedo la gente con le torce che cerca bottiglie vuote per la strada, nei contenitori della spazzatura. Forse tutto ciò si manifesta nelle mie narrazioni, o nelle scritte dei mie disegni, come un commento nascosto all’interno del mio lavoro.
ENG
LZ: Writing, language, and poetry play an important role in your work. They acquire physicality, three-dimensionality, and a sculptural presence. This happens in the series of works Hyper Tongueless Language Soundless Dumbly Deaf that refers to a fictitious language of signs; in your "automatic writing" drawings (done with the left hand); in those works where you choose to use the Farsi language to convey illegible writing because the words thicken one on top of the other until they become untranslatable; in the sewn and padded sculptures that represent the interjections of language. At the basis of this artistic practice is a condition of inability to speak, a communicative difficulty that betrays deep suffering and finds other ways of expression through your work, expanding the notion of poetry.
Where does this attention to the dimension of language come from?
What is poetry for you?
FS: Communicating myself, explaining who I am, where I am, has led me to write this way and make my art this way. I am not a one-line statement made up of 50 words, I emerge from many parallels and spaces in between.
The psyche has no door, so I can go anywhere, just as my art reflects these spaces.
When I made this series of works Hyper Tongueless Language Soundless Dumbly Deaf, I had depression (not that I was depressed, I had depression). At that stage speaking with my tongue (mouth) in order to communicate was a big issue for me. This work was created during that time, to reflect those spaces, I didn’t force myself to speak with my mouth, my hands have lips too.
IT
LZ: La scrittura, il linguaggio e la poesia rivestono un ruolo importante nel tuo lavoro. Acquisiscono fisicità, tridimensionalità e una presenza scultorea. Questo accade nella serie di opere Hyper Tongueless Language Soundless Dumbly Deaf, che si riferisce a una lingua fittizia di segni; nei tuoi disegni di "scrittura automatica" (fatti con la mano sinistra); in quelle opere dove scegli di usare la lingua Farsi per trasmettere una scrittura illeggibile perché le parole si addensano una sull'altra fino a diventare intraducibili; nelle sculture cucite e imbottite che rappresentano le interiezioni del linguaggio. Alla base di questa pratica artistica c'è una condizione di incapacità di parlare, una difficoltà comunicativa che tradisce una profonda sofferenza e che trova altri modi di espressione attraverso il tuo lavoro, ampliando il concetto stesso di poesia.
Da dove nasce questa attenzione alla dimensione del linguaggio?
Cos'è per te la poesia?
FS: Comunicare me stessa, spiegare chi sono, dove sono, mi ha portato a scrivere in questo modo e a fare arte in questo modo. Non sono una frase lineare fatta di 50 parole, ma emergo da molti spazi paralleli e inframezzati; la psiche non ha porte, quindi posso andare ovunque, così come la mia arte riflette questi spazi.
Quando ho fatto questa serie di opere Hyper Tongueless Language Soundless Dumbly Deaf, avevo delle depressioni (non che fossi depressa, avevo delle depressioni). In quel periodo parlare con la lingua (attraverso la bocca) per comunicare era un grosso problema per me. Questo lavoro è stato creato in quel periodo, per riflettere quegli spazi altri.
Non mi sono forzata a parlare con la bocca, anche le mie mani hanno le labbra.
ENG
LZ: Your artistic journey began with the practice of painting. How did you approach the use of fabric in your work? What textile materials and techniques have you been using in your artistic practice?
FS: I started writing poetry and painting, I painted on canvas, which meant for me on the fabric/textile. I think I still paint, but my paintings are no longer flat, they are three-dimensional. I paint on my sculptures or I paint a word next to an object, as a comment. To materialize the paintings, I go different ways.
In the early nineties, I started to paint without stretcher, on loose fabric. I hung these paintings from the ceiling, cut my canvas or sew rugs on my painting or sew a curtain in front of the painting; it was at the time I discovered rugs. Instead of sitting on the carpet, I begin to decipher the knot. My first large-scale work with the carpet was shown in 1998 in the Museum am Ostwall in Dortmund, I made a long painted carpet of carpets sewn together, which lay on the floor, I invited the audience to step on the carpet with their feet and by stepping on the carpet, the carpet said “ah”.
IT
LZ: Il tuo percorso artistico ha inizio con la pratica della pittura. Come ti sei avvicinata all'utilizzo del tessuto nel tuo lavoro? Quali materiali e tecniche hai utilizzato nella tua pratica artistica?
FS: Ho iniziato a scrivere poesie e a dipingere; dipingere su tela per me significava dipingere sul tessuto.
Credo di dipingere ancora, ma i miei quadri adesso non sono più piatti, sono tridimensionali. Dipingo sulle mie sculture, o dipingo una parola accanto a un oggetto, come un commento. Per materializzare i dipinti, percorro diverse strade.
All'inizio degli anni novanta ho cominciato a dipingere senza telaio, sulla tela sciolta. Appendevo questi quadri al soffitto, tagliavo la tela, cucivo dei tappeti sul mio quadro o cucivo una tenda davanti al quadro; è stato in quel periodo che ho scoperto i tappeti.
Invece di sedermi sul tappeto, ho cominciato a decifrare il nodo. Il mio primo lavoro su grande scala con il tappeto è stato esposto nel 1998 nel Museum am Ostwall di Dortmund, ho fatto un lungo tappeto dipinto composto da tappeti cuciti insieme, che giaceva sul pavimento. Ho invitato il pubblico a calpestare il tappeto con i piedi e calpestando il tappeto, il tappeto diceva “ah”.