Gaia segattini,
DESIGNER
April, 20th 2022
ENG
Gaia Segattini is a fashion designer with over twenty years of experience. Since 2008 she has been writing about new craftsmanship and independent creativity on Condè Nast websites, like Glamour, Style and Vanity Fair. She is currently working on issues related to sustainability, Made in Italy and good entrepreneurship. She is the art director of the Weekendoit festival, which focuses on the sharing of artisanal techniques and the development of micro-entrepreneurship, and she is a strategic and merchandising consultant in the clothing sector for digital entrepreneurship.
She was a professor of Design Methodology at Poliarte in Ancona and a business tutor for the 2017 edition of the "Botteghe Digitali", a format of Banca Ifis Impresa in Mestre.
In 2018, she launched her sustainable knitwear brand Gaia Segattini Knotwear, in partnership with a company from Marche, the region where she lives.
ITA
Gaia Segattini è una fashion designer con oltre vent’anni di esperienza. Dal 2008 scrive di nuovo artigianato e creatività indipendente sui portali delle edizioni Condè Nast (Glamour, Style, Vanity Fair). Attualmente si occupa di tematiche riguardanti la sostenibilità, il Made in Italy e la buona imprenditoria. È art director del festival Weekendoit, incentrato sulla condivisione delle tecniche artigianali e lo sviluppo della microimprenditorialità, ed è consulente strategica e di merchandising nel settore abbigliamento per l’imprenditoria digitale.
È stata insegnante di Metodologia Progettuale di Design al Poliarte di Ancona e tutor d’impresa per l'edizione 2017 del format “Botteghe Digitali” di Banca Ifis Impresa di Mestre.
Nel 2018 ha lanciato il suo brand di maglieria sostenibile Gaia Segattini Knotwear, in società con un’azienda delle Marche, regione dove vive.
ENG
LZ: Your brand Gaia Segattini knotwear does not follow the logic and timing of the "traditional" fashion system. Every month you propose single-product drops; functional garments that adapt to different body types, with similar styles but always new in terms of colors and patterns, made with fine yarns leftovers from companies in the Marche region. How do you approach design, with all these "constraints"? Can we say that the limit becomes a creative input?
GS: I have always considered the limit a creative stimulus. It gives the product concreteness.
Any product that is successful on the market has limits given by the needs and tastes of the public. The production method we have chosen sets different types of limits related to timing and programming. The choice of existing and ever-changing raw materials complicates things even more. Each time it feels like playing a video game in which the various difficulties are levels of progression. In all this, design is the easiest part; I rely on my twenty years of experience in the field, intuition and continuous observation of my customers. The initial design takes up the least amount of time; most of the work is dedicated to the modification of details like small changes in size, finishes and technical solutions to make the work flow better. Small things that make all the difference in the creation of a simple garment that suits many types of women and that is used often.
IT
LZ: Il tuo brand Gaia Segattini knotwear non segue le logiche e le tempistiche del sistema moda “tradizionale”. Mensilmente proponi dropsdi collezioni monoprodotto, capi funzionali e adattabili a diverse fisicità, continuativi nella modellistica e sempre nuovi per colori e fantasie, realizzati con rimanenze di filati pregiati provenienti da aziende marchigiane. Come approcci la progettazione, con tutti questi “vincoli”? Possiamo dire che il limite diventa input creativo?
GS: Il limite è sempre stato considerato da me uno stimolo creativo, rende concreto il prodotto.
Per realizzare un prodotto che sta sul mercato e che sia realmente utilizzato è impossibile non avere limiti dati dalle esigenze e gusti del pubblico, ad esempio. La modalità produttiva che abbiamo scelto ne pone altri legati a tempistiche e programmazione. La scelta di materie prime già esistenti e sempre in mutamento complica ancora più le cose. Diciamo che ogni volta sembra di giocare ad un videogioco in cui le varie difficoltà sono i livelli di progressione. In tutto ciò la progettazione è la parte più semplice: mi affido principalmente alla mia esperienza ventennale sul campo, all’intuito e all’osservazione continua dei miei clienti. La maggior parte del tempo è dedicata più che alla progettazione iniziale allo sdifetto e alla modifica dei dettagli (piccole variazioni di misure, finiture, soluzioni tecniche per far fluire meglio il lavoro). Cose piccole che però fanno la differenza nella costituzione di un capo semplice ma che dona a tante tipologie di donne e che viene utilizzato tantissimo.
ENG
LZ: You have a very large community, which you take care of personally and which you consult regularly. What kind of relationship do you have with your customers and how do they participate in the creative and production choices of the brand?
GS: My community is made up mainly of women aged 35 to 45 who love design, art, travel, music with a medium/high cultural level; they are sensitive to the issues of sustainability and often socially engaged. They have been buying artisanal products or products from small brands for years, changing their family's purchasing habits. The relationship is one of enormous support and enthusiasm, they are the first to promote us, sending us photos every day and connecting with each other all over Italy. I am always ready to listen to their ideas and needs, crossing them with our technical and supply possibilities, but also with our perceived style, which cannot be diluted.
IT
LZ: Hai una community molto ampia, di cui ti prendi cura personalmente e con cui ti confronti costantemente. Che rapporto hai con i tuoi clienti e come partecipano alle scelte creative e produttive del brand?
GS: La community è fatta principalmente di donne (35-45) amanti del design, arte, viaggi, musica con un livello culturale medio/alto, sensibili ai temi di sostenibilità e spesso impegnate socialmente. Comprano artigianato e da piccoli produttori da anni, cambiando anche le modalità di acquisto della loro famiglia. Il rapporto è di enorme supporto ed entusiasmo, sono loro le prime a farci pubblicità, mandandoci foto ogni giorno e facendo amicizia fra loro in tutta Italia. Sono sempre pronta ad ascoltare le loro idee e necessità, filtrandole con le nostre possibilità tecniche e di approvvigionamento, ma anche con il nostro stile percepito, che non può essere diluito.
ENG
LZ: Your brand is involved in several social initiatives, including one with Pangea onlus, an organization which supports the economic and social development of women and their families. What suggestions would you give to a woman who is launching a project in the world of sustainable fashion?
GS: If the ambition is to create a structured brand and not a small self-production, it is first of all important to understand if the product we have in mind meets a real need of the market. It is useless to talk about sustainability if we are part of the problem and not part of the solution by introducing products that are not needed or are photocopies. Secondly, we need to find an ally, a manufacturing company that can become a partner and not just a supplier. In this way, the relationship will be one of mutual growth and more interesting for those who produce for us. Third, the public: identify it, target it, listen to it. There is really no need for abstract products that only satisfy our expressive needs. Fourth: don't bet everything on sustainability. Our everyday scquisition choices are first of all dictated by emotion, only later do we evaluate sustainability but also price, wearability, occasions for use etc. The initial spark of interest by customers is dictated by the recognition of a style that represents them and we should all, as brands, invest more in the search for that sort of recognizable style.
IT
LZ: Il tuo brand è impegnato in diverse iniziative sociali, tra cui quella con Pangea onlus, organizzazione che supporta lo sviluppo economico e sociale delle donne e delle loro famiglie. Che suggerimenti daresti a una donna che sta lanciando un progetto nel mondo della moda sostenibile?
GS: Se la nostra è un’ ambizione di brand strutturato e non una piccola autoproduzione, è innanzitutto importante capire se il prodotto che abbiamo in mente soddisfa una reale necessità del mercato. E’ inutile parlare di sostenibilità se poi ci rendiamo parte del problema e non della soluzione immettendo prodotti che non servono o sono fotocopie. Seconda cosa trovare un alleato, una realtà manifatturiera che diventi partner e non soltanto fornitore, il rapporto sarà così di reciproca crescita e più interessante per chi produce per noi. Terzo il pubblico: individuarlo, targettizzarlo, ascoltarlo. Non c’è davvero più bisogno di prodotti astratti che soddisfano solo una nostra esigenza espressiva. Quarto: non puntare tutto sulla sostenibilità. Quello che scegliamo ogni giorno è sempre fatto prima di tutto emotivamente, solo in un secondo tempo valutiamo sostenibilità ma anche prezzo, vestibilità, occasione di utilizzo etc. La scintilla iniziale è comunque dettata dal coinvolgimento per uno stile che sentiamo simile a noi e sulla ricerca di uno stile riconoscibile dovremmo tutti, come brand, investire di più.