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Coralie prevert,
textile designer

March, 26th 2021

ENG

Coralie Prévert was born in France in 1982. After studying textile design in Milan, she worked in Como, Milan and Florence. In 2014 she began designing her own collection of scarves with prints inspired by her travels and the decorative arts. She now designs also silk kimonos, fabric for furniture and eco-wallpapers. She currently lives and works in Paris.


ITA

Coralie Prévert è nata in Francia nel 1982. Dopo aver studiato design tessile a Milano, ha lavorato a Como, Milano e Firenze. Nel 2014 ha iniziato a disegnare la sua collezione di sciarpe con stampe ispirate ai suoi viaggi e alle arti decorative. Ora disegna anche kimono di seta, tessuti per arredamento e carte da parati. Attualmente vive e lavora a Parigi.

https://www.coralieprevert.com

 

ENG

LZ: You design prints for fashion and for interiors, such as wallpapers and textiles. Is your approach different?

CP: The first difference is technical: for scarves and kimonos, I design placement prints. For scarves it means that there must be a frame, a center and that the scarf can only be cut on the edges. Same for kimonos, the pattern is a T, and the print that is on the sleeves and the body, has to be in the right place. The opposite is called allover print, which is a repeating pattern printed continuously on many meters of textile; in this case, you cut the garments, usually without paying attention to the position of the pattern, as with a polka dot, for example. So, kimonos and scarves are placement prints, while wallpapers are allover. The designs are repeated all over the wall.

The second difference is definitely a stylistic one... but I don't pay that much attention to it and put my quirky colors on the walls too!


IT

LZ: Progetti sia stampe per la moda che per interni, come carte da parati e tessuti per arredamento. Il tuo approccio cambia? 

CP: La prima differenza è tecnica : per i foulard e per i kimono, sono stampe “piazzate”. Per i foulard significa che c’è un bordo, un centro e che il foulard non può essere tagliato che sui bordi. Uguale per i kimono, il cartamodello è una T, e la stampa che si trova sulle maniche e sul fondo, deve essere proprio lì. Il contrario si chiama un allover, ovvero un disegno che si ripete stampato su metri e metri, dove si tagliano i capi, in genere senza fare caso alla posizione del disegno, come per un pois per esempio. Quindi i kimono e i foulard sono stampe piazzate e invece le carte da parati sono allover. I disegni si ripetono lungo tutta la parete.

La seconda differenza sicuramente è di livello stilistico… ma non ci faccio tanto caso e metto i miei colori stravaganti anche sui muri!

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ENG

LZ: The common thread of all your creations is a little frame which reveals a sentence or a proverb, which elevates the accessory to the rank of talisman. Which value do you give to your design items? Which values do you think an object carries?

CP: I believe that dress has a social value, which can change based on society and the historical era, of course. Context is everything.

In the case of my collections, that cartouche I insert is inspired by kangas, traditional East African clothing. Each fabric has a cartouche that offers a sentence to read, such as a proverb. For example: "My son is getting married, today is not the day" etc. When dressing, African women choose the fabric that best reflects the mood of the moment. And everyone around knows how to "read" these designs. The kanga becomes media, like a tweet!

But above all, as far as I'm concerned, there is the value we give to our clothes: that "lucky" sweater I wear for an important appointment, those shoes that make me feel invincible, etc. We give superpowers to what surrounds us and what makes us feel good. 

When I first started designing my first scarves, I thought a kanga-type cartouche was much more expressive than a logo on a t-shirt. It's much more personal, intimate - also because you can't see much when the scarf is rolled around your neck. And with silk, which is already an exceptional fiber, we're reaching very high levels of superpowers!


IT

LZ: Il filo conduttore di tutte le tue creazioni è una piccola cornice che rivela una frase o un proverbio, che eleva l'accessorio al rango di un talismano. Che valore dai ai tuoi oggetti di design? Quali valori pensa che un oggetto porti con sé?

CP: Credo che il vestito abbia un valore sociale, che può cambiare in base alla società, e all’epoca naturalmente. Il contesto è tutto.

Nel caso delle mie collezioni, quel cartiglio che inserisco è ispirato ai kanga, vestiti tradizionali dell’Africa orientale. Ogni tessuto ha un cartiglio che offre una frase da leggere, come ad esempio un proverbio, per esempio: “Mio figlio sta per sposarsi, Oggi non è giornata” ecc. Quando si vestono, le donne scelgono il tessuto che meglio riflette il mood del momento. E tutti attorno sanno “leggere” questi disegni. Il kanga diventa un media, come un tweet!

Ma c’è soprattutto, per quanto mi riguarda, il valore che diamo noi ai nostri vestiti : quel maglione “portafortuna” che metto per un appuntamento importante, quelle scarpe che mi fanno sentire invincibile, ecc. Diamo noi dei superpoteri a quello che ci circonda e che ci fa stare bene. 

Quando ho cominciato a disegnare i miei primi foulard, ho pensato che un cartiglio tipo quelli dei kanga fosse molto più espressivo di un logo su una t-shirt. È molto più personale, intimo — anche perché non si vede molto quando il foulard è arrotolato attorno al collo. E con la seta, che già fibra eccezionale, stiamo raggiungendo livelli molto alti di superpoteri!

 

ENG

LZ: You teach at Feeling Matter, Fashion bachelor of Made program in Siracusa. What do you think is important to become a good designer? 

CP: First of all, I would say that a good designer must be curious: curious about what's going on outside, curious about ancestral gestures and new techniques, curious about what needs to be perfected out there: how it works, how it's made, how it's used.

I also believe that a good designer must dream, in order to imagine everything that doesn't already exist. I often imagine the making of the first high-heel shoe without a heel : [the designer] "Let's make a shoe with a heel but without a heel!" [the technician] "C’mon, it can't be done, how can one walk?" [the designer] "Let's do it!" [the technician] "Pffffff what a pain in the ass, these designers are ". It takes a dreamer, someone who doesn't know it can't be done, to push back the limits!


IT

LZ: Insegni al corso Feeling Matter, il bachelor di fashion design di Made Program a Siracusa. Cosa pensi che sia importante per diventare un buon designer?

CP: Innanzitutto direi che un bravo designer deve essere curioso: curioso di quello succede fuori, curioso dei gesti ancestrali e delle tecniche nuove, curioso di quello che è da perfezionare là fuori: come funziona, com’è fatto, come si usa. E credo che un bravo designer debba anche sognare, per immaginare tutto quello che non esiste già…”mi faccio spesso il film” della prima scarpa alta senza tacco : [il designer] “Facciamo una scarpa col tacco ma senza tacco!” [il tecnico] “Manno, non si può fare, come si fa a camminare?” [il designer] “Massì facciamolo!” [il tecnico] “Pffff che palle sti designer”. Ci vuole un sognatore, uno che non sa che non si può fare, per respingere i limiti!

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