BEA BONAFINI,
ARTIST
September, 11th 2020
ENG
Bea Bonafini is a London and Rome based artist who works across painting, drawing, sculpture, ceramics and textiles.
She obtained a BA in Fine Art from the Slade School of Fine Art (2014) and a MA in Painting form the Royal College of Art (2016). Bea’s work revolves around the coexistence of incongruous ideas and forms, overlapping ancient and modern art history, fluid identity, religion and material craftsmanship. She examines ways to place the observer psychologically and physically at the work’s epicentre, questioning the tangibility and intimacy of an artwork, and its ability to formulate new mythologies and material possibilities.
ITA
Bea Bonafini è un’artista che opera tra Londra e Roma, il cui lavoro attraversa pittura, disegno, scultura, ceramica e tessile. Nel 2014 ha conseguito una laurea in Belle Arti presso la Slade School of Fine Art e nel 2016 un master in pittura presso il Royal College of Art di Londra. Il lavoro di Bea ruota attorno alla coesistenza di idee e forme incongrue, sovrapponendo storia dell’arte antica e moderna, identità fluide, religione e artigianalità dei materiali. L’artista esplora modalità per porre l’osservatore psicologicamente e fisicamente al centro dell’opera, interrogando la tangibilità e l'intimità di un'opera d'arte e la sua capacità di formulare nuove mitologie e possibilità materiche.
ENG
LZ: Your recent works are united by the presence of the carpet, transformed by your personal reinterpretation. Painted, decomposed and finally reassembled in an inlay work of soft surfaces, it conveys a pictorial language that captures the viewer in an immersive, three-dimensional and material experience. How did this interest in carpet come about and how did it develop within your artistic practice?
BB: Years ago, I was driven to create a kind of painting that had the versatility to be tactile and sensual; that could be walked on or around; that would be multilingual, speaking the language of domesticity, design, the history of tapestry, of fashion, and so on; that could be cut, carved, dyed, glued, sewn. I was exploring ways for my work to simultaneously hold a certain familiarity, and an entirely unexpected way of handling and observing materials.
I have a very playful creative process, I like to try evolving certain techniques in my own way - I work things out as I go along. A mixture of intuition and research into materials led me eventually to working with carpets.
IT
LZ: I tuoi lavori recenti sono accomunati dalla presenza del tappeto, trasformato da una tua personale reinterpretazione del manufatto tessile. Dipinto, scomposto in frammenti e infine riassemblato in una tarsìa di superfici morbide, esso diventa il mezzo per veicolare un linguaggio pittorico che irretisce lo spettatore in un'esperienza immersiva, tridimensionale e materica. Come nasce questo interesse per l'elemento del tappeto e come si è sviluppato all'interno della tua pratica artistica?
BB: Anni fa sono stata spinta dal desiderio di creare un tipo di pittura che avesse una versatilità tale da essere anche tattile e sensuale; che potesse essere calpestata o aggirata; che fosse multilingue nel senso che potesse parlare il linguaggio della vita domestica, quello del design, la storia dell’arazzo, della moda e via dicendo; che si potesse tagliare, scolpire, tingere, incollare, cucire. Stavo esplorando dei modi per far sì che il mio lavoro avesse contemporaneamente una certa familiarità, e un modo del tutto inaspettato di maneggiare e osservare i materiali.
Il mio processo creativo è molto ludico, mi piace provare a sviluppare certe tecniche a modo mio – risolvo le cose man mano che vado avanti. Un misto di intuizione e ricerca sui materiali mi ha portato a lavorare con i tappeti.
ENG
LZ: Regardless of your choice of medium, you are the author of a complex and articulated figuration that sometimes manifests itself in hunting scenes or battles, enriched by layers and levels of interpretation, also thanks to that process of fragmentation of the image mentioned above. What are your sources of inspiration?
BB: On an elemental level, I see huge potential in working with fragmented imagery, as that is fundamentally how I perceive reality. The concept of an easily digestible and ordered whole seems odd to me. Therefore sources of interest tend to have elements of the unknown or incompleteness, whether it’s the image or the context. Some sources of inspirations include Jungian psychoanalysis, which recognizes the importance of the unconscious and archetypes in the psyche; archaeology sites and museums, and specifically those artifacts from funerary contexts, which provide me with the mystery and magic of our ancestors’ relationship to spirituality and death; and writers like Anne Boyer have recently influenced me a lot!
IT
LZ: Qualsiasi supporto tu decida di utilizzare, sei autrice di una figurazione complessa e articolata che talvolta si manifesta in scene di caccia o battaglie, arricchite da stratificazioni e livelli di lettura anche grazie a quel processo di frammentazione dell'immagine di cui si parlava sopra. Quali sono le tue fonti di ispirazione?
BB: Su un piano elementare, vedo un grande potenziale nel lavorare con un immaginario frammentato, poiché questo è fondamentalmente il modo in cui percepisco la realtà. Il concetto di un’integrità facilmente digeribile e ordinata mi sembra strano. Pertanto le mie fonti di interesse tendono ad avere elementi di ignoto o di incompletezza, sia che si tratti dell’immagine o del contesto. Alcune fonti di ispirazione includono la psicoanalisi junghiana, che riconosce l’importanza dell’inconscio e degli archetipi nella psiche; siti e musei archeologici, e nello specifico tutti quegli artefatti provenienti da contesti funerari, che mi trasmettono il mistero e la magia del rapporto che i nostri antenati avevano con la spiritualità e la morte; infine scrittori come Anna Boyer mi hanno recentemente influenzato molto!
ENG
LZ: Your painted carpets tend towards a three-dimensional environment, aided by a hybridization with other materials, such as ceramics. What is the nature of these environments and what role does the viewer have within them?
BB: It really depends on the show, but one thing I always have in mind is the sort of relationship my work has with the viewer – instead of keeping a safe distance, how can it entice the viewer to come very close, perhaps? How can intimacy replace detachment when encountering art in a gallery setting?
That very intimacy is something I feel very strongly about, so much so that I will often think about the physical, and consequential psychological, state of being of the viewer in my shows. Perhaps if the work demands viewers to remove their shoes, they can enter a mind-set akin to when they enter a home or a temple. Or by working on very small scales with intricate details, the work is asking to be approached very intimately.
Often my work has many different facets that change completely depending on the show, or in the way the viewer walks around it. I like to think that the viewer can become implicated in the work itself, becoming part of its narrative, or even its fabric.
IT
LZ: I tuoi tappeti dipinti tendono verso la tridimensionalità dell'installazione ambientale, anche attraverso l'ibridazione con altri materiali, come la ceramica. Qual'è la natura di questi ambienti e che ruolo ha lo spettatore all'interno di essi?
BB: Dipende davvero dalla mostra, ma una cosa che ho sempre in mente è il tipo di rapporto che il mio lavoro ha con lo spettatore – invece di mantenere una distanza di sicurezza, come potrebbe magari indurlo ad avvicinarsi? Come può l’intimità sostituirsi al distacco quando si incontra l’arte in una galleria?
Questa intimità è una cosa che sento molto forte, tanto che spesso durante le mie mostre mi trovo a pensare allo stato fisico, e di conseguenza psicologico, dello spettatore. Forse se l’opera chiede ai visitatori di togliersi le scarpe, essi possono entrare in uno stato mentale simile a quando varcano la soglia di casa o di un tempio. Oppure lavorando su scale molto piccole con dettagli intricati, l’opera chiede di essere avvicinata molto intimamente.
Spesso il mio lavoro ha molte sfaccettature diverse che cambiano completamente a seconda della mostra, o del modo in cui lo spettatore vi cammina intorno. Mi piace pensare che lo spettatore possa essere coinvolto nell’opera stessa, diventando parte della sulla narrazione, o persino del suo tessuto.