AIDEL,
ARCHITECTS
July, 16th 2020
ENG
Aidel is an architecture duo by Cristina Gallizioli and Marco Ferrari. Their work focuses on materiality and spatial experience approached in both haptic and conceptual ways. Their projects include Sottosopra (Periferica, 2016), Spaces like Actions (2017), Wearing bricks (Oficinas do Convento, 2018), Paesaggi/Forti (Caritro, 2019), Casa/Paisagem (nctm, 2020).
ITA
Aidel è il duo di architettura composto da Cristina Gallizioli e Marco Ferrari. Lavorano sui temi di materialità ed esperienza fisica dello spazio con un approccio sia tattile che concettuale. I loro progetti includono Sottosopra (Periferica, 2016), Spaces like Actions (2017), Wearing bricks (Oficinas do Convento, 2018), Paesaggi/Forti (Caritro, 2019), Casa/Paisagem (nctm, 2020).
ENG
LZ: You are currently in residence at Lottozero to continue a research project on the theme of architecture made of textile materials, developed in 2019 during another residence at the Danish Art Workshops in Copenhagen. What are the fundamental aspects of this new way of conceiving architecture, which you have called Soft Architecture? Thinking specifically about home, a domestic living model, how does the perception of space, the living and the sphere of human relations change?
A: Soft Architecture investigates an alternative materiality for inhabited spaces, a soft architecture based on textiles, not understood only in terms of covering or finishing, but rather as elements directly structuring space, generating living environments. We are not interested in re-proposing consolidated dynamics through the application of a different material, but we think about the existence of a different possibility based on the structural and spatial logic of textiles, a logic of surfaces and not of masses, where space prevails over form and in which gravity is not a force to be defeated but an element to be embraced.
Usually buildings struggle to sustain themselves rather than the weights they have to bear, while in a textile system the presence of people would be decisive in the experience of space. In addition to acting on the physical aspects of the construction such as weight, thickness and rigidity, soft architecture triggers open configurations and unexpected spatial dynamics. The proposal to live a textile environment reduces the distance between home and clothes, offering a sense of intimacy more similar to what one has with a dress, made of changing atmospheres and dense and varied tactile sensations.
IT
LZ: Siete attualmente in residenza a Lottozero per proseguire un progetto di ricerca che ha per tema un'architettura fatta di materiali tessili, sviluppato nel 2019 nel corso di un'altra residenza presso i Danish Art Workshops di Copenaghen. Quali sono gli aspetti fondamentali di questo nuovo modo di concepire l'architettura, che avete denominato Soft Architecture? Pensando nello specifico alla casa, al modello abitativo domestico, come cambia la percezione dello spazio, la dimensione dell'abitare e la sfera delle relazioni umane?
A: Soft Architecture indaga una materialità alternativa per gli spazi abitati, un’architettura morbida basata sul tessile non inteso tanto in termini di rivestimento o di finitura, quanto piuttosto come elemento in grado di strutturare lo spazio, generatore di ambienti di vita. Non siamo interessati alla riproposizione di dinamiche consolidate tramite l’applicazione di un diverso materiale, ma pensiamo all’esistenza di una diversa possibilità basata su logiche strutturali e spaziali proprie del tessile, di superfici e non di masse, in cui sia lo spazio a prevalere sulla forma e in cui la gravità non sia una forza da sconfiggere ma un elemento da assecondare. Generalmente gli edifici fanno più fatica a sostenere se stessi che i pesi che devono sopportare, mentre in un sistema tessile la presenza delle persone tornerebbe a essere determinante nell’esperienza dello spazio. Oltre ad agire sugli aspetti fisici della costruzione come peso, spessore e rigidità, un’architettura morbida innesca configurazioni aperte e dinamiche spaziali inaspettate. La proposta di vivere un ambiente tessile riduce la distanza tra abitazione e abito, offrendo un senso di intimità più simile a quello che si ha con un vestito, fatto di atmosfere mutevoli e sensazioni tattili dense e variegate.
ENG
LZ: The idea of a soft textile architecture has a utopian dimension, but then you translate it into a series of concrete applications that you are currently working on. How would you define the term “utopia” in your own words, and how much is this concept part of your research?
A: What is usually defined as utopia is often nothing more than a little explored possibility, which is considered marginal or not very generalizable. That’s why we like to talk more about imagination. Some conventional characteristics of architecture such as solidity or the aspiration to eternity have become dominant over time, but they are not the only existing or possible conditions. In many traditions there are examples of soft architecture, especially if we refer to the vernacular sphere or to informal and temporary ones: spheres in which control over space is relative, open up to the development of a plurality of situations.
Thinking imagination as a place for the possible was fundamental for us in the early stages of the project: it helped us to move on the edge of what is considered real and to force its limits. At Lottozero, however, we are working on a set of concrete proposals to think how textile architecture can play a role in the reuse of existing buildings, in a context like Prato where textiles are already part of the reality of space and territory.
IT
LZ: L'idea di un'architettura tessile, "morbida" ha una dimensione utopica, che però poi si traduce in una serie di applicazioni concrete a cui state attualmente lavorando. Come definireste a parole vostre il termine “utopia”, e quanto questo concetto è parte della vostra ricerca?
A: Spesso ciò che si definisce utopia non è che una possibilità ancora poco esplorata, che si ritiene marginale o poco generalizzabile, per questo a noi piace più parlare di immaginazione. Alcune caratteristiche convenzionali dell’architettura come la solidità o l’aspirazione all’eternità sono diventate dominanti nel tempo, ma non sono le uniche condizioni esistenti o possibili. In molte tradizioni esistono esempi di architettura morbida, soprattutto se facciamo riferimento all’ambito vernacolare o a quelli informali e temporanei: tutti ambiti in cui il controllo sullo spazio è relativo, che si aprono allo sviluppo di una pluralità di situazioni.
Pensare l’immaginazione come luogo del possibile è stato per noi fondamentale nelle prime fasi del progetto: ci è servito per muoverci ai margini di ciò che viene ritenuto reale e a forzarne i limiti. A Lottozero stiamo però elaborando un set di proposte concrete per pensare come l’architettura tessile possa avere un ruolo nel riuso di edifici esistenti, in un contesto come quello di Prato dove il tessile fa già parte della realtà dello spazio e del territorio.
ENG
LZ: Aidel is your name as architecture duo. What are your fields of intervention and what distinguishes your research?
A: We have always been interested in understanding architecture beyond the pure built element and more as a field of relations between bodies and architecture and between architecture and landscape, aiming at activating physical and emotional connections with space. In recent years we have alternated between material research and development of ideas, craft techniques and theory, bodily practices and construction, weaving networks between different disciplines and trying to question customs.
We always try to start from what is considered obvious and try to invert its meaning, systematically heading towards the unknown: the only dimension where unexpected possibilities begin to take shape. The unexpected is for us the key that allows to activate space with small moments of wonder, in which people can intensely perceive the presence of space and of their own body.
IT
LZ: Aidel è il vostro nome come duo di architettura. Quali sono i vostri campi di intervento e cosa contraddistingue la vostra ricerca?
A: Ci ha sempre interessato vedere l’architettura al di là del puro elemento costruito, più come campo di relazioni tese tra corpi e architettura e tra architettura e paesaggio, puntando all’attivazione di connessioni fisiche ed emotive con lo spazio. Negli ultimi anni ci siamo alternati tra ricerche materiali e sviluppo di idee, tecniche artigianali e teoria, pratiche corporee e costruzione, tessendo reti tra discipline diverse e provando a mettere in discussione le consuetudini.
Cerchiamo sempre di partire da ciò che si considera ovvio e di provare a invertirne il significato, dirigendoci sistematicamente verso l’ignoto: l’unica dimensione dove possibilità inaspettate cominciano a prendere forma. L’inaspettato è per noi la chiave che permette di attivare lo spazio con piccoli momenti di meraviglia, stati in cui riuscire a percepire intensamente la presenza dello spazio e del proprio corpo.